Un Palermo dai due volti. Entrambi non particolarmente radiosi e brillanti. Una sagoma anonima e calcisticamente inespressiva quella che si è trascinata per il campo a ritmi blandi ed inerzia da minimo sindacale nella prima frazione. Macchinoso, molle, scolastico e totalmente incapace di scalfire il dispositivo difensivo dei padroni di casa. Il Palermo visto all'opera sul terreno di gioco del "Penzo" nei primi quarantacinque minuti denotava inquietanti analogie con quello ben presto dissoltosi sotto i colpi del Crotone allo Scida. Finanche la solita improvvisa amnesia difensiva ad omaggiare l'avversario di turno di un insperato vantaggio riaffiorava con ciclica e sconfortante puntualità.
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Venezia-Palermo 1-1: i rosa regalano un tempo, reazione e dominio nella ripresa. Puscas firma il pari in Laguna
Primo tempo opaco ed impalpabile degli uomini di Stellone condito dalla solita distrazione difensiva. Puscas risponde a Bocalon nel finale di una ripresa di chiara marca rosanero: Nestorovski sbaglia un rigore e Vicario fa il fenomeno sventando...
Il volto mostrato dagli uomini di Stellone nella ripresa, questa volta, è stato per fortuna molto diverso. Non certo ammaliante sul piano estetico, in termini di gioco, coralità e ricercate geometrie. Ma certamente vivo, rabbioso, intriso di carattere e determinazione. Sono bastati un paio di accorgimenti tattici, suffragati da altrettante felici mosse dalla panchina, per implementare intensità, peso specifico ed indice di pericolosità. Pareggiando una partita che il Palermo ha anche rischiato di vincere in pieno recupero con lo stesso Puscas che, dopo aver ripristinato l'equilibrio con un perentorio stacco di testa, ha fallito da due passi una clamorosa chance per portare a casa i tre punti. Poco fluido ed armonioso in sede di sviluppo della manovra, ancor meno incisivo ed ispirato in fase di rifinitura e finalizzazione, il Palermo della ripresa ci ha messo almeno cuore, voglia e muscoli. Mettendo all'angolo un avversario non certo irresistibile sul piano della cifra tecnica e dei contenuti offensivi, creando almeno quattro palle gol importanti, sbagliando un calcio di rigore, pizzicando un paio di volte la traversa con la complicità di un Vicario in vena di prodezze.
Tutto questo pur non brillando per linearità, fluidità ed efficacia sul piano del gioco. Al netto del gap che intercorre sul piano della qualità complessiva tra le due formazioni, sorge spontaneo un quesito che funge da preludio ai rimpianti: perché regalare di fatto un tempo di gioco ad un avversario tecnicamente inferiore, fisiologicamente tentennante, alla prima in casa con il nuovo allenatore in panchina, impelagato in una situazione di classifica a dir poco complicata? Nessuno tra i protagonisti in maglia rosanero sarà probabilmente in grado di fornire una risposta conscia, razionale ed esaustiva. Fatto sta, che, così come contro il Crotone, il Palermo ha steccato ancora una volta approccio alla gara. Finendo per condizionare, seppur in modo e con proporzioni diverse, la propria gara e di conseguenza il risultato. A differenza della debacle dello Scida, a Venezia la squadra di Stellone ha reagito, dando fondo ad una cospicua dose di orgoglio ed amor proprio, rimodellata e rinvigorita dalle mosse in corsa del suo tecnico. Carattere, cuore e fisicità hanno caratterizzato l'ultima mezz'ora della partita rosanero. Porzione di gara coraggiosa e gagliarda, anche se un po' caotica, in cui i siciliani hanno cinto d'assedio i padroni di casa. Sprecando incredibilmente un rigore, calciato male da Nestorovski, e vedendo infrangere i propri sforzi su uno straordinario Vicario. Superlativo il portiere lagunare su Nestorovski, Jajalo, Rispoli e Moreo. Baluardo invalicabile, o quasi, di un Venezia che ha subito costantemente l'iniziativa dei rosanero per l'intero arco della ripresa. Senza più riuscire a farsi vivo, neanche per sbaglio, dalle parti di Brignoli.
Nulla ha funzionato nel Palermo che ha vagato per il manto erboso nei primi quarantacinque minuti. Al Venezia è bastato svolgere con ordine accademico la fase di non possesso per non concedere una sola palla gol agli uomini di Stellone. Troppo farraginosa e scontata la manovra rosanero, una litania di passaggi orizzontali a ritmo infinitesimale, nessun acuto in verticale o spunto tra le linee, poca gamba sugli esterni, sconfortante staticità da parte degli intermedi, attaccanti costretti a cercarsi palloni vagamente giocabili ben lontani dalla porta lagunare.
La solita dormita difensiva su un cambio di fronte ha consentito a Bocalon di irrompere sul cross di prima intenzione a firma Bruscagin, bruciando la non certo reattiva linea difensiva ospite. Per smaltire lo choc e commutarlo in energia positiva, il Palermo ha dovuto sbollire la frustrazione e resettarsi nell'intervallo.
Nella ripresa Stellone ha capito presto che a quella velocità di crociera sarebbe stato impossibile squarciare compattezza e densità di un Venezia molto stretto e corto tra le linee, raccolto a protezione della propria metà campo nel suo granitico 3-5-2. Così il tecnico romano ha sparigliato le carte e mutato assetto tattico: dentro Falletti e fuori Chochev per coniare il temerario ed ormi familiare 4-2-4. L'uruguaiano è entrato subito e bene in partita conferendo brio e vivacità. La mossa Moreo in luogo di uno spento Trajkovski ha infine varato un 4-3-3 particolare per caratteristiche, con un tridente composto da tre pesi massimi a riempire l'area di rigore lagunare. Centrocampo spesso saltato, ricerca dell'ampiezza finalizzata alla produzione del maggior numero di cross possibili. Soluzione alla luce dei fatti azzeccata, in ragione dei numerosi duelli aerei vinti dagli avanti rosa in the box, sotto forma di sponde pericolose o conclusioni verso la porta avversaria. Oltre al pari di Puscas ed al rigore fallito da Nestorovski, il Palermo con le boe in trincea ha creato numerose occasioni da rete ed altrettanti imbarazzi all'esausta retroguardia lagunare. Una ricerca sistematica del lancio lungo e del traversone, dalla trequarti piuttosto che dalle corsie, al fine di esaltare le attitudini nel gioco aereo di Moreo e Puscas, l'opportunismo ed il tempismo nello stacco di Nestorovski. Non certo un calcio organico, avvolgente e per palati fini, ma un tema offensivo idoneo alle contingenze del match in quella fase. Puscas ha perfino avuto la palla della vittoria all'ultimo respiro ma ha calciato incredibilmente alto da due passi. Il rimpianto per essersi svegliati troppo tardi, lasciando di fatto altri due preziosi punti per strada, fa il paio con la soddisfazione per la prova di orgoglio e di carattere sciorinata dalla compagine rosanero nella ripresa. Un segnale di reazione confortante, che testimonia la voglia feroce di non mollare un millimetro. Nonostante turbative ed incognite legate alla crisi societaria ed all'enigma relativo alla prossima cessione del club. Scenario extra campo che finisce inevitabilmente per alterare ed inficiare condizione mentale e qualità delle prestazioni di una squadra impegnata in una serratissima corsa alla promozione diretta. La classifica è estremamente corta, nella zona nobile della graduatoria tutte le pretendenti sono racchiuse nel giro di pochissimi punti. Il Palermo ha ancora, sul piano numerico e dei valori assoluti, concrete possibilità di ambire alla conquista di uno dei due posti utili per il salto di categoria senza passare dalla lotteria dei playoff. Possibilmente, evitando di lasciare più punti inopinatamente per strada, e regalare inspiegabilmente intere frazioni di gioco agli avversari. Concretezza, lucidità e cinismo costituiscono prerogative determinanti in un torneo così livellato.
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