di Leandro Ficarra
serie b
Palermo, verso il purgatorio dei playoff: poco tempo e tanti interrogativi per Stellone…
A meno di improbabili colpi di scena, il Palermo di Roberto Stellone dovrà giocarsi nei playoff le residue possibilità di promozione in massima serie. Troppi gli errori del club nel corso della stagione, tanti i dubbi per il nuovo tecnico che...
Dritti in purgatorio. A meno di improbabili congiunzioni astrali, il Palermo si appresta ad atterrare, non senza turbolenze, nel microcosmo bizzarro e beffardo dei playoff.
Quale sia la fermata successiva non è dato saperlo. Un salto in extremis nel paradiso calcistico della massima serie? Uno strattone violento che mortifichi ogni slancio e rigetti la compagine di Stellone nell'inferno del torneo cadetto? Ogni scenario è ancora possibile.
Niente promozione diretta dunque. Un verdetto che attende la ratifica della matematica ma virtualmente già sancito da pieghe e dinamiche insite nella storia del calcio.
Il secondo posto sembra ormai una faccenda tra Frosinone e Parma. Con i ciociari che hanno già lo champagne in ghiaccio.
A Dionisi e compagni basterà disporre di un Foggia senza più velleità alcuna per celebrare il ritorno in massima serie in uno "Stirpe" presumibilmente vestito a festa.
Non certo un'impresa impossibile.
Il Parma dovrà a quel punto vincere e leccarsi le ferite, consolandosi con un terzo posto che equivale ad una pole position in ottica playoff.
Stessa sorte toccherà al Palermo che proverà a fare bottino pieno a Salerno per difendere almeno la quarta piazza dall'assalto del Venezia.
Mantenere la posizione significherebbe evitare il turno preliminare e giocare certamente la semifinale in condizione di vantaggio sull'avversario.
Se si pensa al cammino della compagine rosanero, campione di inverno al giro di boa, leggere la classifica adesso fa un certo effetto. Palermo che aveva addirittura concluso il girone d'andata imbattuto in trasferta, con la miglior difesa del torneo ed un margine di cinque punti di vantaggio sulle terze.
L'involuzione trasversale e rovinosa che ha eroso primato, condizione ed autostima della squadra è stata più volte sezionata ed analizzata in ogni sua sfaccettatura.
Il mercato supponente e minimalista, le inopinate rivoluzioni dirigenziali, le topiche marchiane in sede di preparazione atletica con relativa epidemia infortuni, la delegittimazione progressiva del tecnico culminata in un esonero inevitabile e tardivo.
Tanti, troppi, errori di gestione nell'ambito di un campionato abbondantemente alla portata di questo organico.
Fa specie, infatti, rilevare come il Palermo sia rimasto incredibilmente in corsa per il secondo posto fino all'ultimo respiro, nonostante abbia dilapidato punti ed occasioni in serie per cambiare marcia. Comunque in piedi, in questo strano rally delle lumache con Frosinone e Parma.
Quasi una gara a chi andava più piano. Stenti, passi falsi e occasioni mancate per prendere il largo. Canovaccio comune alle tre contendenti, seppur con dinamiche, criticità e problematiche di matrice diversa.
Un campionato di livello decisamente mediocre, per usare un cortese eufemismo, che ha visto tracimare un Empoli nettamente superiore per coralità, impianto di gioco, freschezza e cifra tecnica complessiva. Dietro il vuoto. Voragine che, sotto il profilo del gioco, della qualità e della continuità di risultati, nessuna delle inseguitrici è riuscita a colmare.
Il campionato ha aspettato il Palermo. Ma la compagine rosanero non è arrivata mai.
Non solo il club si è probabilmente complicato la vita da solo, rendendo tortuoso ed impervio un percorso all'apparenza lineare e senza ostacoli insormontabili, ma la squadra non ha saputo meritarsi neanche i gentili omaggi della sorte, mancando di intensità, cattiveria e concretezza ogni qualvolta ha avuto la chance di rimettere la testa avanti.
Purtroppo, la compagine rosanero ha dimostrato sul campo di non meritare la promozione diretta.
I playoff giungono quasi come un dazio, legittimo e salatissimo, da pagare in relazione ai propri demeriti. Un patrimonio cospicuo di punti dilapidati in modo ingenuo e calcisticamente sciagurato. Basti pensare alle gare interne contro Pescara e Cremonese, al pari beffa di Novara, allo scialbo match del "Tombolato" contro il Cittadella, per finire con le ultime sfide al "Barbera", con Bari e Cesena, in cui i rosanero hanno ancora una volta fallito l'appuntamento con la vittoria.
Senza andare troppo lontano nel tempo, sarebbe bastato anche vincere soltanto tre delle quattro partite casalinghe citate per attestarsi in scioltezza al secondo posto e centrare l'obiettivo. Nonostante le lacune gestionali e strategiche che hanno parzialmente compromesso la stagione.
Vittorie gettate alle ortiche, spesso da situazioni di vantaggio. Errori individuali, cali atletici e di tensione, letture e modifiche in corsa apportate da un tecnico ormai in confusione, poca malizia e personalità nella gestione del risultato.
La gestione Tedino è filata via liscia fino alla lunga sosta invernale. Da lì famoso crollo sotto il profilo fisico, mentale e dei risultati. Con l'ex tecnico del Pordenone che ha progressivamente perso polso, lungimiranza e lucidità quando le acque hanno iniziato ad agitarsi.
Terra bruciata attorno a lui e via i riferimenti storici grazie ai quali aveva costruito identità, certezze e primato.
Prima l'ex ds Lupo quindi, in rapida successione, i componenti dello staff.
Ascendente e legittimità del suo ruolo fortemente compromesse da stilettate mediatiche e sondaggi del patron alla ricerca, poco velata, del suo successore in panchina.
Pressioni che hanno stritolato Tedino, tecnico alla prima importante e probante esperienza a certi livelli. Inducendolo a commettere errori in serie: dalla scelta degli uomini alla gestione strategica dei match in corso d'opera.
Il blackout motivazionale e nervoso della squadra si era manifestato già in tempi non sospetti. L'esonero è stato tanto inevitabile quanto tardivo. Non certo per il valore assoluto del Tedino allenatore ma in relazione alla profonda disconnessione calcistica con la squadra unitamente al rapporto di fiducia ormai incrinato col patron.
Evidenze già acclarate ben prima del crollo di Venezia.
Come già approfondito in altra sede, Stellone ha certamente apportato delle novità.
Di matrice tattica e concettuale. L'allenatore romano ha cercato, con alterni risultati, di fornire nuovi input sul piano strategico, calcistico e mentale. Proponendo un nuovo assetto di chiara connotazione offensiva, alzando linea del pressing e baricentro, mutando i principi nella tessitura della manovra.
Un 4-4-2 molto elastico che resta più o meno tale in fase di non possesso ma si dipana diversamente sul terreno di gioco quando è il Palermo ad attaccare la porta avversaria.
A tratti 4-2-3-1, talvolta 4-3-3, in certi frangenti estremi 4-2-4.
Coronado e Rolando larghi, veri aghi della bilancia per fornire intensità, brillantezza, esplosività alla fase offensiva. La Gumina deputato all'attacco della profondità, Rispoli ed Aleesami dediti alla spinta sulle corsie, Moreo a fare da boa dinamica ed apriscatole in sede di sponda aerea in the box.
Un calcio meno arzigogolato e più essenziale, finalizzato ad una più rapida ricerca della verticalità che implementi il numero delle conclusioni a rete. Qualcosa in questo senso si è vista.
Nelle tre gare della nuova gestione il Palermo ha certamente calciato di più, numeri alla mano, verso la porta avversaria. Mira e percentuale realizzativa non sembrano però essere migliorate.
Così come non era plausibile pensare che il nuovo allenatore ponesse così sollecitamente rimedio a criticità ataviche, e presumibilmente croniche, che hanno condizionato in negativo l'intera stagione di questo gruppo.
Scarsa tenuta atletica e condizione fisica deficitaria.
La squadra sembra avere nelle gambe appena un'ora di partita a ritmi sostenuti. Intensità, brillantezza e fluidità scemano progressivamente fino ad accendere la spia della riserva intorno al quarto d'ora della ripresa. Con conseguenze nefaste sulla linearità e la rapidità nella circolazione della sfera, nonché sulla capacità di conferire continuità e ritmi tambureggianti alla propria proposta offensiva. La manovra perde di armonia, qualità ed incisività, divenendo macchinosa, scolastica e prevedibile. Facilmente neutralizzabile per dispositivi difensivi accorti ed organizzati.
Cali di tensione vertiginosi e spesso incomprensibili. Prima figli di presunzione e supponenza, adesso talvolta originati da paure recondite ed ansia da risultato.
Un'incapacità conclamata di mantenere alte cattiveria e soglia di attenzione per l'intero arco della gara.
Vezzo costato caro contro il Bari, dormita difensiva sul pari in extremis di Nené, e che stava per compromettere addirittura un triplo vantaggio in quel di Terni.
La mancanza di concretezza e cinismo quando sei in controllo del match e domini l'avversario di turno. Contro il Cesena, specie nella prima frazione, il Palermo ha creato almeno quattro palle gol nitide mancando regolarmente il bersaglio. Anche al cospetto della più grande delle chance, il rigore calciato alto da Coronado, la compagine di Stellone non ha sbloccato il match.
Guardando lo stato di forma delle probabili contendenti in ottica playoff, c'è indubbiamente da preoccuparsi. Compagini come Venezia, Perugia e Cittadella ci arrivano con l'abbrivio di entusiasmo derivante dalla consapevolezza di aver raggiunto un grande obiettivo.
Il Bari è compagine quadrata e ricca di elementi di notevole esperienza e qualità per la media della categoria. Il Parma non scoppia di salute ma, se dovesse bucare la promozione diretta, è tra gli ostacoli più impervi da superare per una moltitudine di ragioni.
Sul piano psicologico e atletico il Palermo, con i galloni della grande delusa, sembra la formazione che arriva nelle peggiori condizioni a questo mini-torneo che regalerà un altro posto nella massima serie.
Cosa potrà inventarsi Stellone per rinsavire i suoi e fornire un rapido settaggio al fine di dare un grado di competitività credibile alla squadra e modellare un Palermo da corsa? Con quale modulo tentare l'ultimo assalto alla Serie A? Come collocare nel suo mosaico tattico il suo tassello più prezioso, ovvero Igor Coronado? Come gestire recupero ed impiego di Nestorovski tornato a disposizione dopo l'infortunio? Possibile trovare soluzioni e compromessi tattici che affinino la complementarità e rendano possibile la convivenza calcistica tra il macedone e La Gumina?
Come reintegrare tra i titolari un centrocampista di gamba e qualità come Eddy Gnahoré?
Quali interni schierare in mezzo al campo in un modulo in cui brillantezza e tenuta atletica divengono fattori preponderanti per svolgere al meglio entrambe le fasi di gioco? Come migliorare brillantezza e condizione fisica di una squadra che appare a corto di energie?
Sussistono chances di recupero a pieno regime di Bellusci tra i titolari in vista quantomeno dell'eventuale semifinale d'andata? Vi sono flebili margini per rivedere in extremis, magari anche solo in panchina, Struna?
Questi sono soltanto alcuni tra i più impellenti ed inquietanti interrogativi che albergano probabilmente nella mente del tecnico romano in questi giorni di attesa e passione.
Intanto bisogna vincere con la Salernitana e consolidare almeno il quarto posto.
Un passo alla volta. Poi bisognerà iniziare a correre forte. Senza più guardarsi indietro.
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