di Leandro Ficarra
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Palermo, un esonero che sa di liberazione: l’addio di Tedino tra retroscena e dettagli. Zamparini e Foschi…
Un provvedimento formalizzato solo ieri ma già covato da tempo: l'esonero di Tedino è la logica conseguenza di una scelta compiuta in estate più per ragioni di opportunità che per reale convinzione...
Era solo questione di tempo.
L'esonero di Bruno Tedino è un provvedimento molto meno improvviso ed estemporaneo di quanto a primo acchito possa apparire. Covato e fisiologico in relazione ad ormai conclamate dinamiche interne, epilogo per nulla sorprendente. Probabilmente una liberazione per tutte le parti in causa: club, squadra e lo stesso tecnico trevigiano.
Un provvedimento che ha radici note e marcatamente pregresse.
Figlio di un rapporto professionalmente logoro tra buona parte della squadra e l'ex tecnico del Pordenone.
Non tanto un cortocircuito di natura interpersonale, quanto una totale disconnessione sul piano nervoso e motivazionale che si trasponeva in una chiara distonia sul terreno di gioco in termini calcistici e concettuali.
Tedino, coadiuvato dall'opera dirigenziale e diplomatica dell'ex Ds, Fabio Lupo, era stato impeccabile nel corso del girone d'andata. Salvo poi, orfano di scudo e ausilio del dirigente abruzzese, nonché privato dei suoi più fidi collaboratori, farsi travolgere da trend negativo, turbolenze interne ed ingerenze del patron. Perdendo professionalmente la bussola in una seconda parte di stagione disastrosa, in cui ha pagato inesperienza ed inadeguatezza a certi livelli.
La difficoltà oggettiva a gestire le pressioni trasversali che hanno inficiato autonomia e lucidità nelle scelte tecniche nel momento topico della scorsa stagione, la mancanza di personalità e fermezza all'atto della decimazione del suo staff di riferimento, la passiva accettazione dell'integrazione di figure professionali da lui non espressamente richieste, che sapeva tanto di commissariamento. Senza contare le seriali delegittimazioni mediatiche perpetrate dal patron friulano ed incassate senza mai battere i pugni sul tavolo.
Queste alcune delle ragioni all'origine di una frattura traumatica e mai del tutto ricomposta tra i leader dello spogliatoio e l'ex tecnico del Palermo. La cui autorevolezza e credibilità si sono progressivamente sgretolate nel cuore del girone di ritorno dello scorso campionato fino a culminare nel primo esonero seguito al tonfo esterno contro il Venezia.
Un rapporto di fiducia che è venuto meno anche in relazione a a gestione e lettura non proprio felice di alcune gare chiave dello scorso campionato, a criteri di scelta nelle gerarchie in organico ritenuti discutibili, per usare un eufemismo, oggetto di forti perplessità da parte di buona parte del gruppo.
L'illusione di voltare pagina e smaltire le scorie di tensioni ed incomprensioni precedenti, ripartendo da zero, si è purtroppo rivelata tale. Zamparini, nell'ambito di un fisiologico progetto di ridimensionamento di costi e investimenti, ha optato per il Tedino bis più per ragioni di opportunità che per reale convinzione.
Il rapporto non idilliaco instauratosi all'epoca con Roberto Stellone, le ambizioni professionali dell'allenatore romano, il netto gap in relazione ad ingaggio e pretese di garanzie sul piano tecnico tra l'ex Frosinone e lo stesso Tedino. Tutti elementi che in virtù delle preventivate cessioni, poi non andate a buon fine, dei cosiddetti big dal carisma ingombrante ed ingaggio pesante, hanno suggerito a Zamparini di puntare ancora sull'ex Pordenone.
Non avendo in quel momento storico la forza, né la voglia, di iscrivere a libro paga un terzo allenatore.
Più che una scelta vera e propria, una soluzione tampone, quasi obbligata ed all'apparenza indolore. L'intento era quello di affidare a Tedino una squadra giovane, sostanzialmente rivoluzionata in termini di assetto ed intelaiatura, che portasse in dote una filosofia calcistica più audace e sbarazzina, conciliando possibilmente valorizzazione dei singoli e perseguimento dei risultati.
Già dal ritiro estivo, come vi avevamo prontamente documentato (LEGGI QUI), emergevano piuttosto nitidi i segnali di reciproca insofferenza e scarsa empatia tra squadra e tecnico.
Scollamento piuttosto palese, al netto delle dichiarazioni di prassi, tangibile sia nell'approccio al lavoro quotidiano in quel di Sappada che dai contenuti dialettici dei confronti individuali che Zamparini e Rino Foschi avevano con i calciatori più rappresentativi della squadra. Le contingenze di mercato, con i big che scalpitavano, valigia in mano e testa comprensibilmente altrove, per soddisfare le proprie ambizioni professionali in altri lidi, rendevano la gestione della quotidianità ancora più complicata.
La chiusura della sessione estiva che ha sancito l'inattesa permanenza di quei calciatori in procinto di essere ceduti, per ovvie ragioni economiche e motivazionali, ha definitivamente stravolto lo scenario. Costringendo Tedino a riporre nel cassetto qualsiasi velleità di rivoluzione tattica, concettuale ed anagrafica, perpetrata in ritiro al fine di ricostituire antichi equilibri. O, almeno, provarci.
Sia chiaro, questa è una squadra composta da professionisti seri ed inappuntabili.
Pronti a dare sempre il massimo a prescindere dal grado di feeling e condivisione calcistica con il tecnico di turno. Ma quando vengono meno connessione sul piano psicologico e nervoso, fiducia nei metodi strategici e di gestione di colui che dovrebbe fungere da guida e riferimento imprescindibile, ascendente e centralità della figura del tecnico agli occhi di gran parte del gruppo, l'esonero è l'unica soluzione plausibile. Dolorosa, quanto inevitabile. A prescindere da torti e ragioni, meriti e demeriti, che non sono mai attribuibili ad un unico responsabile.
Tedino lascia in dote l'immagine di un professionista serio, uomo perbene e lavoratore instancabile.
Insediatosi in un contesto troppo articolato e complesso in relazione alla sua indole ed al suo attuale background professionale. Il tecnico trevigiano non ha mai realmente avuto la forza di imporre il suo credo calcistico né dato la sensazione di riuscire a conferire quell'audacia e quel coraggio, in termini di forma mentis ed impianto di gioco, imprescindibili per recitare un ruolo da protagonista in campionato. La colpevole accondiscendenza al cospetto di scelte e strategie societarie, pubblicamente condivise ma in realtà non conformi alla sua volontà, si è rivelata un vero e proprio boomerang per l'ex allenatore rosanero.
I messaggi inconsci insiti in sede di approccio mentale e rendimento complessivo della squadra erano stati abbastanza inequivocabili in più di una circostanza. Zamparini ne aveva preso atto in tempi non sospetti ma, frenato nel suo impeto interventista dal'opera di filtro e mediazione di Rino Foschi, tergiversava in attesa di un passo indietro da parte del tecnico o di una soluzione alternativa al ritorno di Roberto Stellone. Ipotesi entrambe difficilmente plausibili per motivi diversi.
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